Febbraio Marzo e Aprile.
Alla fine questo Coronavirus è arrivato fin qua, nel nostro tranquillo paesino di neanche cinquemila anime.
Piacenza e i “magotti” sono più vicini e intrecciati di quanto possa sembrare, chi lavora di qua e chi lavora di là. Un flusso senza sosta. Con il paziente 1 “di là” tutto si blocca, “di qua” a Piacenza inspiegabilmente si continua. #piacenzanonsiferma ma il dubbio va più veloce. Passano i giorni e le coscienze si interrogano, si attende con ansia il bollettino delle 18. Sembra sempre tutto lontano, poi arriva notizia dei primi contagi anche in paese.
Scegliamo di dire stop, di fermarci. Far rispettare le misure di prevenzione al Covid-19 è difficile, siamo abituati a lavorare in un clima compagnone. Abbracci, risa, scherzi, strette di mano. Non si può più. I clienti mi guardano perplessi mentre disinfetto superfici, maniglie, biro, il banco di lavoro. Qualcuno fa anche qualche battutina…”cerchi il virus?”. E poi non posso vendere a tutti, la ferramenta sì, il materiale edile no. Ma se sei un’impresa sì, se sei un privato no. E’ il 13 Marzo e decidiamo di chiudere. Fino a quando ancora non si sa.
Passa una settimana e poi chiuderà tutta Italia. Ogni volta che torno in ufficio per scaricare la posta e provvedere ai pagamenti in scadenza stampo pile di decreti…quello nazionale, quello regionale, poi quello di Piacenza, poi ci sono le FAQ, le autocertificazioni. Se c’è una cosa che sappiamo fare bene è la burocrazia. Sì lo so che bisogna preservare l’ambiente e stampare il meno possibile, ma il retro di quei fogli verrà usato da mio figlio Andrea, che è un disegnatore seriale. Mi consolo. In giro non c’è nessuno, mi chiedo quando potremo tornare a lavorare. E come sarà, perché di sicuro non sarà più come prima.
A casa – oltre a fare pizze, torte e biscotti – ci si confronta con i colleghi. Si cerca di interpretare i vari decreti, leggere tra le loro innumerevoli righe. No, al lavoro non si può tornare. Allora si studia con i fornitori che hanno organizzato la formazione a distanza…i famosi webinar. Poi ci sono i social, cerco di pubblicare contenuti interessanti ma non sempre l’ispirazione è con me. Nel caso preferisco non dire nulla. Seguo le dirette, sia quelle lavorativamente interessanti che quelle per passare il tempo. Leggo, suono il pianoforte, faccio pulizia in casa, in questa casa che non ho mai vissuto così tanto.
In seguito a nonmiricordoquale decreto, i primi colleghi indomiti iniziano ad aprire (poi ci sono anche quelli che non hanno mai chiuso ma va beh, tralasciamo). Chi fa domanda alla Prefettura, chi ha il codice ATECO giusto…manco fosse un biglietto della lotteria. Poi ci siamo noi, che abbiamo anche il codice ateco della ferramenta e lo scopriamo solo dopo. I clienti ci mandano messaggi, telefonano e chiedono quando riapriamo. Siamo titubanti. Sento mio padre al telefono e capisco che gli è quasi scappata la voglia di lavorare. Lo immagino, non si è mai risparmiato in tutta la vita e ora deve rispettare una serie di protocolli che lo mettono in difficoltà. Non tanto per la difficoltà degli stessi, ma perché gli spiace dire di no ai clienti di una vita. E poi le difficoltà economiche sono sempre lì dietro l’angolo, dobbiamo pagare i fornitori, le tasse rimandate. Ci proviamo.
Così domani, Martedì 21 Aprile riapriremo al pubblico la ferramenta. A piccole dosi e in sicurezza. Consegneremo a domicilio tutto il resto del materiale, sperando nella collaborazione di tutti.
Sarà una ripartenza nuova, all’inizio di Aprile abbiamo dovuto dire addio alla nostra colonna portante. La nonna Lina, prode fondatrice di questo magazzino era stanca di tutti i suoi acciacchi. Mi spiace abbia scelto un momento così brutto per andarsene, meritava un saluto da parte di tutto il nostro piccolo paese. Ma in tanti l’hanno ricordata e mi hanno scritto cose bellissime su di lei. Un giorno forse metterò in ordine tutta la sua vita, che poi sembrano tre in una sola. Lo diceva sempre.
Ora faccio una torta, raccolgo le energie e mi preparo per domani.